Le sconfitte sono orfane, ma le vittorie hanno mille padri.
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- Written by Benedetto Appodia
- Category: Osservatorio Sublacense
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Sono giorni difficili a Subiaco. Le tragedie che ci hanno colpito in questi giorni si aggiungono alla mestizia causata da un Piano Sanitario Regionale che, di fatto, chiude l’ospedale Angelucci. Chiamiamo le cose con il proprio nome: avere a disposizione solo una “medicheria” al posto di un pronto soccorso non è la stessa cosa. Non avere assistenza sanitaria di emergenza nelle vicinanze può rappresentare il confine tra la vita e la morte. Ma come siamo potuti arrivare a questa situazione? E’ la domanda che si stanno facendo in molti e che qualcuno mi ha anche rivolto direttamente: di chi è la colpa della chiusura dell’ospedale?
Da ciò che si sente in giro ce n’è per tutti: della Polverini, di Lollobrigida, di Cesa, di Marrazzo, di Montino, di Storace, di Tremonti, di Berlusconi, dei medici, degli infermieri, degli utenti, dei sindacati, del sindaco attuale, dei sindaci precedenti, dell’opposizione, di Badaloni (a pensarci forse pure Giolitti qualche pecca…..), ma nessuno, dico nessuno, che si alzi e affermi: “beh forse in qualche passaggio io potevo agire diversamente, non saremo arrivati a questo punto”.
Le sconfitte sono sempre orfane perchè non si ha il coraggio di guardarle criticamente in faccia. Se si vuole crescere è fondamentale capire gli errori commessi. Ma allora, non è che nella vicenda ospedale abbiamo sbagliato tutti? Cioè tutti noi, per quota, siamo responsabili per essere arrivati a questo punto? Abbiamo sbagliato tutti perchè non abbiamo, tutti, voluto bene a questo ospedale. Non gli abbiamo voluto bene e lo abbiamo sfruttato, ignorato, sbeffeggiato, derubato, dimenticato, strumentalizzato, vampirizato, snobbato, delegittimato, umiliato, senza mai riuscire a vederlo per quello che è: un grande ed indispensabile servizio ai cittadini della Valle dell’Aniene. Tutti invece avremmo dovuto rispettarlo e preservarlo, ciascuno per il proprio ruolo.
Ora che chiudono l’ospedale ci accorgiamo quanto sia importante e stiamo lottiamo, questa volta sì abbastanza unitariamente, per poter fermare o modificare il piano Polverini.
Da quello che vedo, però, credo che questa modifica arriverà. Anzi, la situazione sembra proprio impostata per permettere una modifica successiva. I posti letti tagliati sono più di quelli richiesti, i dati di partenza non sono quelli reali, è partita un’attività di verifica dei dati sul territorio, il sindaco nicchia a fare il ricorso al TAR… tutto sembra pronto per un successivo aggiustamento. Sai che colpo di scena se arriva la Polverini e dice: Pronto Soccorso, rianimazione e posti letti in più rispetto agli otto attualmente previsti. Sarà una festa!
E allora immaginiamo cosa avverrà appena questa modifica verrà annunciata. Le vittorie hanno mille padri: tutti correranno ad intestarsi la paternità di questo risultato. Chi ha protestato perché ha protestato, chi non ha protestato perché ha avuto fiducia, chi ha fatto pressioni perchè in maggioranza e chi ha fatto pressione perchè all’opposizione, i cittadini perché chiedevano servizi, gli operatori perché difendevano il posto di lavoro. Ma a me semnmbre che molti stiano meditando di intestarsi il successo non per poterlo raccontare ai nipotini nelle sere d’inverno, ma come argomento per le prossime le elezioni comunali. Ho, infatti, la sgradevole sensazione che molti attori di questa protesta si stiano muovendo solo in funzione di visibilità elettorale, contribuendo ulteriormente a danneggiare e umiliare l’ospedale: si continua a sfruttare l’ospedale anche quando è quasi morto! L’ospedale va difeso perché serve ai cittadini; non sopporto che si utilizzi la protesta a scopi elettoralistici. Come le responsabilità dell'eventuale chiusura sono di tutti così, se arriveranno le modifiche al piano sanitario, il merito sarà di tutti!
E se questa modifica non ci saranno? Allora ragioniamo sulle scelte che da anni stiamo facendo, cercando di trovare dove stiamo sbagliando. Se a Subiaco sono anni che le cose vanno male, non può essere solo colpa degli altri. In pensieri, parole, opere o omissioni ciascuno di noi ha una responsabilità nell’aver portato a questo punto la situazione. Come comunità non ci serve a nulla terziarizzare le colpe e non serve a nulla attendere che qualcuno, da fuori, ci tiri via d’impiccio; lo facciamo da troppo tempo.