E così lo stemma comunale di Subiaco in uso dal secolo scorso, quello con i tre laghetti e la scritta “Sub-Lacum”, è di fatto uno stemma “abusivo”, mai deliberato dall’ente e soprattutto mai concesso dagli uffici araldici dello stato.
Invece lo stemma ufficialmente concesso a Subiaco, inspiegabilmente, non è mai stato adottato come simbolo pubblico. Ed è uno stemma storicamente molto interessante e ignoto ai sublacensi di oggi: uno stemma partito, cioè diviso a metà, con a destra i tre laghi al naturale, ma che a sinistra riporta interamente lo stemma di papa Pio VI. Un vero e proprio “intrigo araldico”. La vicenda è rimasta seppellita nei cassetti degli uffici comunali per circa un secolo, sconosciuta praticamente a tutti. Ora invece, con molto coraggio, il Sindaco di Subiaco Francesco Pelliccia ha intrapreso un percorso per sanare la questione. Nell’incontro pubblico svoltosi il 4 maggio 2018 il Sindaco stesso ha illustrato ai presenti la situazione anomala in cui si trova il comune di Subiaco riguardo i propri simboli.
Purtroppo ricostruire la storia politica-amministrativa di Subiaco è compito difficilissimo. L’archivio comunale andò perduto sotto i bombardamenti del giugno del 1944 ed è necessario attingere a documenti eventualmente presenti in altri fondi per ricostruire fatti antecedenti a quella data. Nonostante ciò il Sindaco ha potuto ricostruire un quadro storico molto accurato dei sigilli e degli stemmi sublacensi. Sono stati presentati sigilli comunali del 1600 con la figura di San Benedetto maestro, sigilli del 1700, dove i richiami a San Benedetto erano diventati simbolici attraverso l’uso della mitria e del pastorale e soprattutto della fine del 1700 quando Papa Pio VI, in qualità di Abate Commendatario di Subiaco concesse alla città l’utilizzo del proprio stemma familiare: uno zeffiro che soffia su un giglio sormontato da tre stelle insieme ai simboli benedettini.
Da quell’epoca il racconto, ricostruito attraverso i documenti presenti presso l’ufficio araldico nazionale, è passato agli anni 30 del novecento. In un carteggio l’allora Podestà Crespi segnalava che dal 1920 circa, anche se in assenza di specifici atti amministrativi, era in uso uno stemma comunale raffigurante tre laghetti. Crespi Invece chiedeva l’autorizzazione a ripristinare come stemma comunale esclusivamente lo stemma di papa Braschi, stemma nel quale, è esplicitamente indicato nella comunicazione, tutti i sublacensi si riconoscevano! Seguì uno scambio di missive per trovare una soluzione che accontentasse tutti e alla fine, con Decreto Regio firmato dal Re Vittorio Emanuele nel 1939, si concedeva a Subiaco una stemma partito, metà raffigurante lo stemma di Pio VI e metà i tre laghetti al naturale, il tutto sormontato da un fascio littorio in uso all’epoca. Stranamente però questo stemma, per quanto se ne sappia, non risulta essere mai stato utilizzato in atti ufficiali o cerimonie pubbliche.
L’assenza di atti e passaggi ufficiali relativi allo stemma comunale attualmente in uso spiega allora come sia stata inopportunamente utilizzata una nomeclatura errata “sublacum” per identificare il nome. Se ci fossero stati atti ufficali o riscontri da parte di enti superiori questo errore sarebbe stato probabilmente evitato. Infatti, se scritta doveva esserci, non sarebbe potuta che essere o “Sublaqueum”, a ricordo della villa dell’Imperatore Nerone, o “Sublacus” nome geografico già in uso nel Vi secolo. “Sublacum” è di fatto un latinorum mal riuscito.
Dopo la guerra, vista la distruzione del proprio archivio, il comune di Subiaco ricontattò nuovamente l’Ufficio Araldico Nazionale per ottenere indicazioni sullo stemma da utilizzare. A questa sollecitazione la Repubblica Italiana rispose concedendo a Subiaco nel 1954 il suo stemma definitivo attraverso un decreto dell’allora Presidente della Repubblica Einaudi: stemma partito, insegne di Pio VI da una parte e tre laghetti al naturale dall’altra. Inoltre concesse l’utilizzo di un gonfalone comunale con i colori rosso e blu. Ma anche questo decreto è stato praticamente ignorato dalle amministrazioni Sublacensi. Anzi, ad un certo punto della storia, forse a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, senza delibere o atti ufficiali, lo stemma “abusivo” passò dai laghetti al naturale a tre laghetti stilizzati minimalisti come dallo stemma in uso.
Un ulteriore approfondimento merita la questione del Gonfalone Comunale. Anche in questo caso Subiaco si distingue utilizzando i colori della Repubblica Italiana anzichè i propri. Si è sempre creduto che i colori di Subiaco fossero il giallo ed il blu. Ma anche in questo caso non si trova alcun documento a sostegno di questa tesi. L’istitoto araldico invece consesse alla città i colori blu e rosso, anche questi però mai usati nel gonfalone o nella bandiera comunale. Ma come si è arrivati all’utlizzo dell’italico tricolore nel gonfalone? Anche in questo caso non si hanno riscontri documentali ma possiamo ipotizzare i passaggi. Prima del 1870 i simboli comunali erano issati sulla bandiera pontificia giallo-bianca. Al momento della presa di Porta Pia era gonfaloniere di Subiaco Moraschi, che era noto avere simpatie per l’unità d’Italia. E’ ipotizzabile allora che, con l’avvento del Regno il Moraschi abbia semplicemente sostituito il vessillo papalino con il vessilo italiano per gli stemmi comunali. Anche in questo caso, quasi sicuramente, senza atti ufficiali.
Di fatto quindi sono quasi 70 anni che Subiaco utilizza uno stemma comunale che non è quello che gli è stato ufficialmente concesso dallo stato. Non sembra essere certamente un reato, ma sicuramente non può essere un punto di vanto per una comunità rimanere “fuori dalle regole” con i propri simboli.
Molto spesso è risuonata questa domanda durante l’incontro pubblico del 4 maggio: per quale motivo le amministrazioni che si sono succedute non hanno resa pubblica la questione e sanato la vicenda adottando lo stemma concesso? Forse solo per non essere accusati di perdere tempo in questioni di scarsa importanza? E dire che la questione è ciclicamente emersa. Personalmente fui messo a conoscenza di questa anomalia qualche lustro fa, ma l’allora sindaco mantenne la questione esclusivamente negli uffici comunali e lo stemma ufficiale tornò nuovamente nell’oblio.
Come illustrato nell’incontro, l’amministrazione Pelliccia ha scelto invece di intraprendere un percorso che porti a sanare la vicenda. Verranno programmati ulteriori incontri di approfondimento in preparazione ad una consultazione popolare che stabilisca quale dei due stemmi debba essere utilizzato: quello ufficialmente concesso o quello di uso “abusivo”. Stupisce scoprire come ancora a metà del secolo scorso e dopo quasi duecento anni i sublacensi si sentissero ancora profondamente legati a Pio VI, indubbiamente l’unico grande benefattore della città. Chissà se nel XXI secolo i sublacensi vorranno ancora sentirsi legati a quel Papa accettando di volerlo ricordare nelle insegne comunali.