Qual è oggi il valore di una fotografia? Non parlo della fotografia come ottava arte, ma del valore intrinseco di un singolo scatto. Escludendo i fotografi professionisti dal ragionamento, il valore di una singola foto, di un singolo scatto amatoriale dei nostri giorni per le leggi di mercato è pressoché risibile.

Siamo in grado di produrre fotografie in ogni momento perciò ne abbiamo in sovrabbondanza. Scattiamo foto che conserviamo per qualche giorno e poi buttiamo. Gli stessi social hanno procedure per gettare nell’oblio uno scatto dopo appena 48 ore dalla sua pubblicazione. Come lo scorrere del tempo, lo scatto fotografico di oggi sostituisce quello di ieri, anzi quello di adesso sostituisce quello di qualche istante prima, che sparisce inesorabilmente.

Ma prima dell’avvento della fotografia digitale il valore di una singola foto era totalmente differente. Uno scatto fotografico veniva ponderato e pianificato; anche le istantanee venivano centellinate. Si procedeva a rullini da 12, 24 o 36 pose e a volte passavano anche settimane tra la realizzazione di uno scatto e la sua impressione su una superficie cartacea. Per questo lo scatto di una fotografia era quasi un rito solenne: una magia che avrebbe perpetuato quel momento e quella esperienza. Lo scatto fotografico avrebbe proiettato nel tempo quell’istante di vita, quel luogo e chi era lì in quel momento.

Prendete ad esempio la foto in bianco e nero qui riportata: è la testimonianza della consapevole volontà dei protagonisti di solennizzare quell’istante. Questi sciatori di Subiaco, appartenenti a tutte le età, in posa sulla neve e equipaggiati di tutto punto, appaiono perfettamente consci del processo di storicizzazione di quel l'istante di vita: un  “io c’ero” che avrebbe attraversato il tempo e reso eterno quel momento.

C’era una orgogliosa voglia di testimonianza negli scatti fotografici dell’era analogica. La famosa frase: “Ho portato la macchina fotografica” dava all’esperienza che ci si apprestava a vivere un alone di eccezionalità perché destinata alla documentazione per la storia. Un solo istante a disposizione per scattare una foto e senza alcuna possibilità di verifica immediata. Si incrociavano le dite e si aspettava che la camera oscura restituisse il lavoro. Nessuna possibilità di ripetere. E chi si era distratto proprio al momento dello scatto restava immortalato per sempre in quel modo. Come lo sciatore il basso a sinistra, l’unico che non guardava nell’obiettivo e che quindi ha perso l'attimo di certificare col suo volto la presenza in quel giorno e in quel luogo.