“Ogni anno si rinnova” è uno dei versi dello struggente e cantilenante inno popolare alla Santissima Trinità, cantato ormai da secoli dai pellegrini-montanari che dal basso Lazio, dall’Abruzzo e dalla Campania si inerpicano devoti sull’aspra rupe di Vallepietra nei giorni della festa. E’ un rito antico e coinvolgente che fonde insieme fede, misticismo, natura, fatica, sfida, tradizione e ancestralità. Da secoli le comunità appenniniche rinnovano a primavera il rito “silvano” della sfida alla montagna per raggiungere la remota rupe simbruina; li è situato il santuario cristiano dedicato alla Santissima Trinità che custodisce, direttamente affrescata sulla roccia, una delle pochissime rappresentazioni antropomorfe della Divina Cristiana Triade. E tre sono le principali direttive montane che portano al Santuario: da Sud-Est via Vallepietra, da Nord via Cappadocia e da Ovest via Subiaco. Moltissimi gli studi sul piano mistico, sul piano religioso, sul piano votivo e etnografico sviluppati intorno al Santuario, ai pellegrinaggi e ai vari rituali connessi. Qui vogliamo solo aggiungere la narrazione dalla prospettiva sublacense.

 

 

La “Compagnia di Subiaco”, un gruppo storico di nuclei familiari e affiatate comitive, rappresenta il fulcro unitario della partecipazione comunitaria al pellegrinaggio. All’interno della Compagnia un ristretto gruppo di singoli dà poi vita alla “Confraternita della Santissima Trinità”, il cuore pulsante della festa. E’ nella Confraternita, infatti, che viene individuato il “Festarolo”, colui cioè che per un anno custodirà in casa propria la Statuetta raffigurante la SS Trinità animando per quell’anno i riti e le celebrazione della festa. Infatti, mentre Vallepietra ha la responsabilità del Santuario, è Subiaco con la sua confraternita a custodire la “Statuetta”, una piastra metallica con l’effige delle Tre Divine Persone. Andrebbe approfondito il motivo per cui la Statuetta è custodita proprio dalla confraternita sublacense. Nella comunità è ancora molto vivo il sentimento pellegrino della devozione alla Trinità vallepietrana e il ritorno a Subiaco dei pellegrini e della Statuetta, rappresenta un momento emozionante che risucchia indietro di secoli. Una lunga processione di donne e uomini, sfiancati e raggianti al tempo stesso, entra nella chiesa di Sant’Andrea al termine della Messa Vespertina insieme all’effige della Santissima Trinità portata dal Festarolo in abiti cerimoniali. Rigidamente separati, prima le donne e poi gli uomini, sfilano cantando l’Inno alla Santissima Trinità; padri e madri con i propri figli, nonne e nonni con i propri nipoti, singoli e comitive, fisicamente provati da chilometri percorsi a piedi, da una notte trascorsa in montagna all’addiaccio, segnati dalla pioggia battente, o dal sole cocente, o da bufere di neve come accadde lo scorso anno. E’ un momento mistico in cui si torna ad essere una sola comunità nel nome della Fede, della Trinità ma anche della montagna. E nella tradizione si ricongiungono in quel momento tutte le generazioni di pellegrini, quelli odierni, quelli dei secoli scorsi e quelli degli anni a venire. Seppur tremendamente ancestrale ed immutata, l’aderenza alla tradizione rende il pellegrinaggio al Monte della Santissima un ponte verso il passato e una mano tesa verso il futuro, nella certezza incrollabile che questa tradizione di fede e di sfida alla montagna “ogni anno si rinnova”.