L’esistenza nella Tabula Peutingeriana di un toponimo riferibile all’odierna Subiaco offre diversi spunti per nuove letture diacroniche della sua etimologia e della sua storia. La Tabula (o Tavola) Peutingeriana si configura come una delle più antiche mappe geografiche del mondo occidentale. La tavola prende il nome da Konrad Peutinger (Augusta 1465 - 1547), antiquario, editore e consigliere dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo, cui fu ceduta per la pubblicazione dopo essere stata trovata nel 1507 dall’umanista viennese Konrad Celtis. Si tratta di una copia del XII-XIII secolo di una carta d’epoca romana che illustra le strade e le vie militari dell’Impero Romano.

Attualmente conservata nell’ex biblioteca delle carte imperiali di Vienna, è composta da 11 pergamene riunite in una striscia di 680 x 33 centimetri. Sviluppata solo sulla linea ovest-est, essa riporta l’equivalente di circa 200.000 km di strade e la posizione di città, mari, fiumi, foreste e catene montuose. La disputa sulla datazione dell’originale risulta alquanto controversa, ma per la presenza di Costantinopoli si tende a farla risalire alla tarda età imperiale, tra il 330 e il 350, anche se probabilmente potrebbe aver inglobato sezioni di mappe più antiche, forse dell’epoca dell’Imperatore Augusto. Non vogliamo discutere la datazione della Tavola Peutingeriana (Tavola P.); ci interessa invece sottolineare che per un toponimo moderno la sua presenza nella Tavola permette di misurare il valore attribuito dai Romani di età imperiale a quel luogo. Ritrovare sulla Tavola P. un nome geografico moderno permette interessanti approfondimenti sulla sua storia e sulla sua natura originale.

Il centro della Tavola P. è chiaramente rappresentato da Roma, da cui dipartono tutte le strade riportate nella carta. All’altezza di un ipotetico nord-est della città imperiale, raffigurata da un sovrano incoronato seduto in trono all’interno di un cerchio perfetto, si stacca una strada, la Via Tiburtina, che passando attraverso ad acqua albulas, Tiborium, Varie e Lamnas arriva fino a Carsulis. Risulta alquanto semplice riconoscere molti di questi nomi del tutto simili agli attuali come Via Tiburtina, Acque Albule, Tivoli e Carsoli, compreso quel Varie storicamente riconducibile a Vicovaro. Da notare inoltre che Tivoli e Carsoli sono raffigurati con due torri, ad indicare l’esistenza di fortificazioni e/o insediamenti urbani. Da Carsulis parte quindi verso un ipotetico sud-est una nuova strada che, attraversando In Monte Grani, In Monte Carbonario e Vignas termina il suo percorso in un luogo indicato come Sublacio

Tavola Peutingeriana: Sublacio

È quindi lecito porsi la domanda se questa strada della Tavola P. descriva un ipotetico itinerario che da Carsoli, tagliando dalle parti di Pereto e passando presso Cervara, scenda verso Vignola e termini a Subiaco. Se è così allora il Sublacio peutingeriano era un toponimo romano del luogo dove attualmente sorge la città di Subiaco. In realtà tutti gli studiosi contemporanei sono concordi nell’accreditare la tesi dell’equivalenza tra Sublacio e Subiaco. Tutte le pubblicazioni scientifiche e gli articoli divulgativi contemporanei infatti danno per scontato che la Sublacio peutingeriana sia appunto la Subiaco attuale. Ma non è stato però sempre così. Ad esempio G.P.Carosi nel suo libro “I Monasteri di Subiaco” (Ed. Monastero Santa Scolastica 1987) in una nota a pagina 16 afferma che: “Nella Tabula Peutingeriana nella Regione dei Marsi è segnalata la località di Sublacio: siamo sulle rive del Fucino(…)” senza però indicare un corrispondente toponimo attuale; Antonio Nibby nel suo libro “Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de' dintorni di Roma Vol 3” del 1837 associa Sublacio ad un luogo presso Scurcola Marsicana; altri invece hanno associato Sublacio ad Alba Fucens, altri a Castelvecchio Subequo, altri ancora a Capistrello. Ma tutte le alternative appaiono così contradditorie che sembra molto più semplice dimostrare che Sublacio corrisponda all’attuale Subiaco piuttosto che ad un altro luogo. D’altro canto sono invece innumerevoli le prove a suffragio della corrispondenza Sublacio-Subiaco. La prima, la più antica, è rappresentata dal privilegio di Papa Giovanni X datato 18 gennaio 926 con il quale si fa dono all’Abbazia dei territori di: “Vineola, Casa Sirilli, Fundum Puzali, Mandra, Planellum Minore e Plano Maiore, Prato Maiore, San Nicola-Falconiano, Opinianum, Sanctus Angelus in desertis sopita, Cansano, Spatano, Marcianum, Olivula” dove, primo dell’elenco è quel Vineola facilmente riferibile al toponimo Vignas della tavola e quindi all’attuale Vignola. Allora se Vignas è Vignola, Sublacio non può che essere Subiaco. Per inciso, il motivo per cui non è indicato un fondo “Subiaco” nel suddetto privilegio è perché in esso ancora compaiono i differenti insediamenti abitativi che successivamente si unirono come Mandra, Pianello, Prato Maggiore e Sant’Angelo. Ricordiamo inoltre che anche nella lapide datata 1052 apposta alla base del campanile di Santa Scolastica tra i possedimenti del monastero non figurava ancora un fondo con il nome “Subiaco”.

Ma la prova definitiva della correttezza dell’attribuzione dell’itinerario peutingeriano da Carseulis a Sublacio come strada che congiungeva Carsoli a Subiaco la si trova passeggiando all’interno dei Musei Vaticani, nella cosiddetta Galleria delle Carte Geografiche. La Galleria, come riporta il sito dei Musei Vaticani, "prende il nome dalle quaranta carte geografiche affrescate sulle pareti che raffigurano le regioni italiane e i possedimenti della Chiesa all’epoca di papa Gregorio XIII (1572-1585). Furono dipinte fra il 1580 e il 1585 sulla base di cartoni di Ignazio Danti, famoso geografo del tempo. Considerando come elemento divisorio l’Appennino, su di una parete sono raffigurate le regioni bagnate dai mari Ligure e Tirreno, sull’altra le regioni bagnate dall’Adriatico. Ogni carta regionale è corredata della pianta della città principale". Le carte geografiche disegnate da Ignazio Danti sono praticamente contemporanee alla pubblicazione della Tabula Peutingeriana e possono fornire delle chiavi interpretative reciproche. Nella cartina del Lazio lungo il corso del fiume Aniene compare un castello ben sviluppato dall’inequivoco nome di “Subiaco”, con vicino due piccole insediamenti corrispondenti ai Monasteri Benedettini e indicati come “Santa Scolastica” e “Il Sacro Speco”. 

Musei Vaticani: Particolare del Lazio

Se si pensa che il Capisacchi pubblicò solo qualche anno prima il suo “Cronicon Sacri Monasterii Sublaci” (1573) tutto in latino, la carta geografica dei Musei Vaticani potrebbe essere il primo documento ufficiale in cui viene utilizzato il toponimo italiano “Subiaco”. Ma insieme alle carte geografiche contemporanee il Danti disegna anche una carta geografica dell’Italia del tempo dei Romani. Ed è proprio qui che troviamo la nostra prova: in questa carta “antica” Carseoli viene posto proprio lungo la direttrice dell’Aniene, proprio appena prima di Sublaqueû (leggi Sublaqueum). Intorno al 1580 era quindi assodato che gli antichi potessero raggiungere Subiaco passando per Carsoli.

Musei Vaticani: Particolare Italia Antica

Questo dimostra l’esistenza storica di questa strada e quindi che la Sublacio della Tavola P. corrisponde inequivocabilmente a Subiaco.

Tra le ulteriori e varie testimonianze documentali che avvalorano questa corrispondenza ne esiste una particolarmente curiosa. La “Imprimerie Royal” di Parigi pubblicò nel 1845 un libro intitolato “Recueil des itinéraires anciens: comprenant l'Itinéraire d'Antonin, la Table de Peutinger et un choix des périples grecs” (trad. “Raccolta di antichi itinerari: tra cui l'itinerario di Antonino, la Tabula Peutingeriana e una scelta di viaggi greci”), un tomo composto da 562 pagine che riporta centinaia di possibili itinerari basati su documenti antichi; una sorta di guida turistica ante litteram con tanto di distanze relative tra ogni tappa. Tra gli itinerari desunti dalla Tavola P. troviamo a pagina 206 l’itinerario XXVIII lungo 66 miglia romane detto “Via Tyburtina, Roma Sublacium. De Rome à Subbiaco” che ripercorre, stazione per stazione, la via della Tavola P. da Roma a Subiaco. Nell’indicare il percorso viene anche suggerito tra parentesi il corrispettivo nome geografico contemporaneo: Ad Acquas Albulas (L. Dell’Isoli Nananti), Tibori (Tivoli), Variae (Vicovaro), Lamnas (Scarpa), Carsulis (Carsoli), In Monte Grani (Monte Fontecelesti), In Monte Carbonario (Monte Moleto), Vignas (Dans le Monte Calvo), Sublacio (Subbiaco). È questa una delle poche fonti che tenta una corrispondenza dei toponimi peutingeriani Monte Grani e Monte Carbonario, attualmente privi di una consolidata individuazione geografica.

Nessun dubbio allora che Sublacio e Subiaco siano il medesimo luogo geografico. Allora perché Perosi non sosteneva questa tesi? Probabilmente per due motivi, entrambi confutabili. Il primo perché la Tavola P. non riporta la cosiddetta strada “sublacense”. È a tutti noto infatti che esistesse al tempo dei Romani una strada utilizzata per la manutenzione degli acquedotti e che questa costeggiasse la riva destra del fiume Aniene, alla stregua dell’attuale statale. Molti sono i cippi e le pietre miliari dell’epoca ritrovati a proposito. Ma questa strada, la più logica per giungere a Subiaco da Roma, sorprendentemente non viene riportata nella Tavola P. A tal proposito però dobbiamo ricordare che la Tavola P. è una mappa militare destinata a drappelli o truppe armate. Qualsiasi manuale bellico sconsiglia ad un esercito di muoversi su un fondovalle: diventerebbe facilmente individuabile e preda di attacchi o imboscate. Per raggiungere una località in sicurezza bisogna muovere le truppe sui crinali dei monti. Per questo la Tavola P. suggerisce di raggiungere Sublacio costeggiando la montagna. Indicare ad un esercito una strada in fondo alla valle equivaleva a fornirgli una informazione inutilizzabile se non pericolosa.

Il secondo motivo a mio avviso invece è di origine semantico-linguistico: l’impossibilità di riconciliare etimologicamente il nome “Sublacio” con “Sublaqueum” e quindi Subiaco. Alcuni studiosi d’altronde liquidarono la parola Sublacio come un marchiano errore di un copista. Ma il toponimo Sublacio in realtà non deve stupire affatto! Questo nome è infatti perfettamente spiegabile alla luce del significato dell’altro storico toponimo, quel Sublaqueum di Tacito che letteralmente significa sotto il laccio (Sub-Laqueum) e giammai sotto il lago. E così il cerchio si chiude: Sub-lacio e Sub-laqueum, avendo il medesimo evidente significato di “sotto il laccio”, sono toponimi antichi del medesimo luogo geografico: una zona nei monti Simbuini di importanza strategica per i militari raggiungibile attraverso una strada che lì terminava.

Ecco quindi le informazioni che si possono desumere della Tavola P. sul luogo geografico dove sorge l’odierna Subiaco: era innanzi tutto un luogo di importanza militare; non era riferibile ad insediamenti urbani e/o fortificazioni (nella Tavola infatti non sono presenti le torri); un toponimo antico del luogo era anche Sublacio, sottintendendo la collocazione al di sotto del “laccio”, nome questo riconducibile all’imponente diga sull’Aniene costruita dall’Imperatore Claudio come bacino di captazione dell’Anio Novus, perfettamente sovrapponibile al luogo dove sorge l’odierna Subiaco.

Scoprire che Subiaco anticamente era anche indicata come Sublacio apre quindi ulteriori ed interessanti scenari di studio. Frontino usa l’aggettivo “Sublacensis” per riferirsi alla villa neroniana di Subiaco e anche oggi l’aggettivo “sublacense” viene usato proprio per indicare tutto ciò che è relativo a Subiaco, i suoi abitanti ma anche il territorio circostante. Ma chi è di Subiaco ben sa che esiste un altro aggettivo che indica in maniera diretta, affettiva e popolare l’appartenenza proprio e solo a Subiaco, un parola usata anche per indicare la sua lingua dialettale: la parola “subbiacciano”! Ma da dove può derivare “subbiacciano” (sublaciano) se non proprio da Sublacio? I “Subbiacciani” allora sono proprio e solo gli abitanti di Sublacio. Ma paradossalmente anche “sublaciano” è una parola storica. In innumerevoli documenti medioevali, comprese le cronache dei monasteri, per indicare gli abitanti del castello di Subiaco viene usato proprio l’ aggettivo “sublaciano”, originato inequivocabilmente dal toponimo Sublacio.

Ecco quindi la prova definitiva della corretta etimologia diacronica del toponimo Subiaco: deriva dal nome con il quale i Romani indicavano questo luogo, Sublaqueum o Sublacio, che significa sotto il laccio.